Immagino di essere un migrante bloccato in Grecia al confine con la Macedonia. Mi presento, descrivo le mie giornate, le persone intorno a me, racconto la mia storia, i miei pensieri e le mie emozioni.
di Andrea
Ciao,
sono
Momodoù, ho 15 anni e vengo da un piccolo paese a poca distanza da Damasco. E’
un paesino così piccolo che non è visibile sulle mappe geografiche, ma per me è
tutto il mondo: lì sono nato, ho visto per la prima volta il viso dei miei
genitori, ho imparato a camminare, a giocare, a parlare la mia lingua, ho
conosciuto Sabah e lì ho ascoltato le storie che raccontava mio nonno, lì sono
andato a scuola per la prima volta e ho conosciuto la paura della guerra.
Sono alto 1,80 m, sono magro, non ho più
con me i miei occhiali da vista, ho gli occhi ed i capelli scuri.
Quando
ero a casa, di sera, gli adulti parlavano di un luogo fantastico, dove non c’è
la guerra, dove c’è lavoro per tutti, una casa nuova, medici per curare le
malattie, dove poter vivere finalmente sereni. Io insieme a Sabah e i miei
amici immaginavamo che l’Europa fosse un posto magico dove i sogni si
realizzano. Una mattina quando il sole non era ancora alto nel cielo mio padre
ci ha svegliati dicendo: “Presto è ora di partire, prendete il necessario, non
c’è tempo da perdere!”.
E’ iniziato così il lungo viaggio che ci
ha portati in Grecia ai confini con la Macedonia.
Posso riassumere come mi sento e ciò che
vedo intorno a me dicendo: “Al mattino i sogni svaniscono!” Vivo in una tenda con
un’altra famiglia oltre la mia, c’è un bagno ogni dieci tende, se piove a terra
c’è fango e la notte l’umidità bagna i vestiti, i miei giorni sono tutti uguali
Un volontario che parla la mia lingua mi
ha spiegato che è prevista la distribuzione di noi siriani in Anatolia e in
parte in Europa, ma Slovenia Serbia e Macedonia hanno chiuso le frontiere e
senza i documenti in regola non si può accedere ai paesi che fanno parte del
Trattato di Schengen.
Penso a me e alla mia famiglia che abbiamo
i documenti, ma tanti tra noi hanno avuto solo il tempo di scappare per non
morire. Io ho una speranza, ma per loro
i sogni sono fermi a questo confine.
Spero che i Grandi Paesi ascoltino la
nostra richiesta di aiuto.
Momodoù
di Malith
Ciao, sono Omar, vengo da un paesino vicino Aleppo. Sono
arrivato in Grecia su un barcone perché c’era la guerra. Sono in un campo
profughi da molte settimane e nessuno ci informa quanto tempo dovremmo stare
qui. Siamo in molti sia uomini sia donne e bambini, tutti con la speranza di
poter vivere in un paese senza guerra.
Ogni mattina mi sveglio e vado a fare colazione nella mensa
comune con tutti gli altri, poi ognuno si reca alla sua brandina fino al pranzo
che facciamo sempre tutti insieme e questo si ripete anche per cena tutti i
giorni.
Tra tutte le persone che ci sono qui ne ho incontrata una
importante: un ragazzo della mia età, cioè 10, tutti i giorni giochiamo a palla
in un piccolo spazio fuori dal campo, poi verso sera raccontiamo delle storie a
tutti i bambini del campo.
Infine andiamo a dormire tutti i giorni con la speranza che
prima o poi qualche paese decida di accoglierci permettendo ai miei genitori di
lavorare e dando a me la possibilità di poter studiare e giocare come i bambini
normali.
di Marta
Sono una bambina di
undici anni e sto cercando di attraversare il confine della Grecia con la
Macedonia, sono in compagnia della mia famiglia: i miei genitori e i miei
cinque fratelli minori. Mi sono accampata in una tenda vicino al muro di filo
spinato, le mie giornate sono piuttosto monotone e nei miei pensieri c'è solo
il desiderio di oltrepassare quel muro.
C'è molta gente qui al confine che si è
accampata come noi, molti cercano di oltrepassare il muro, ma vengono fermati
dai poliziotti posizionati a poca distanza fra loro.
Oggi ho passato il tempo a girovagare tra i
frutteti nella speranza di trovare qualche frutto maturo, ma per mia sfortuna è
inverno e non ce ne sono.
Arrivo dalla Siria, precisamente da Homs, che è in guerra, avrei
preferito restare nel mio paese e continuare una vita normale, senza guerra o
desideri di arrivare in un altro paese sana e salva, in una casa confortevole;
nel mio paese andavo in una scuola islamica vicino a casa mia, mentre i miei
fratelli, che sono più piccoli, andavano in un'altra scuola più vicina al
centro. Andare a scuola sembrava la cosa più scontata al mondo, ma adesso che
sto scappando dalla Siria mi rendo conto che mi mancano un po' le lezioni, ma
soprattutto i miei compagni e le mie amiche.
Sento una grande nostalgia del mio paese e della mia casa, non vedo
l'ora di trovare un posto dove stare senza troppe preoccupazioni.
di Tommaso
Afghanistan, il mio viaggio parte da qui, questo è il mio paese natale.
Vivevo in un cittadina a nord di Kabul, Bagram e tutto cominciò coi Talebani...
Arrivarono
la notte e cominciarono a sparare, io e la mia famiglia dovemmo
decidere in un battito di ciglia se far parte di un gruppo di terroristi
fanatici o morire...
Abbiamo scelto la speranza e la fuga da un paese ormai da troppi anni in guerra!
Mio padre e mia madre hanno raccolto in tutta fretta bagagli, stracci, spicci e qualcosa da mangiare per il viaggio.
Era
notte inoltrata continuava ad imperversare la sparatoria alle porte
della città, mancavano poche ore al mattino e io mi addormentai.
Quando riaprii gli occhi ero in braccio a mio padre e mia madre dietro di noi,
e
poi una marea di gente ancora, tutti in marcia verso un punto di
raccolta tra le montagne. All'orizzonte il sole non era ancora sorto e
si scorgevano le luci delle fiamme nella mia città.
Rotta
Balcanica, questa parola continuava a rimbalzare da un'adulto
all'altro, era il percorso che avremmo intrapreso per avere ancora un
futuro.
Un viaggio lungo che ci avrebbe portato in Europa, in
Italia per una vita migliore lontani da morte e paura. In tasca ho il
mio portafortuna, un soldatino lego, spero ci protegga.
Passarono
settimane tra mille disagi, stipati in grossi camion oppure in lunghe
colonne di gente a piedi, attraverso l'Iran la Turchia e la Macedonia e
ora nonostante la fame, la paura e il freddo siamo quasi arrivati in
Italia!
Attraversiamo
il confine nascosti in un furgone, mio padre ormai ha speso anche gli
ultimi soldi per arrivare in una città di nome Udine, è lì che forse
avremo qualche speranza.
Sono
passati mesi da quella notte a Bagram, oggi viviamo con altre due
famiglie pakistane in una casa dataci dallo stato italiano, mio padre ha
trovato un lavoro e mia madre fa dei piccoli lavoretti con le altre
donne di casa per sbarcare il lunario, io invece non ho più paura,
sembrerà strano poter giocare a pallone e scherzare con gli amici senza
aspettare che una cosa brutta possa accadere da un momento all'altro!
di Silvia
Sono una ragazza di undici anni, scappata dalla Siria per raggiungere i
miei parenti in Germania. Sono bloccata insieme ai miei genitori in Grecia con migliaia
di persone che cercano, come noi, di sfuggire al terrore e alla morte. Siamo fermi
qui,al campo di Idomini in territorio greco, ormai da venti giorni con
tantissima fame, le mamme devono curare loro stesse e in più i propri figli. Siamo venuti qua fuggendo da
un paese poverissimo ma adesso mi sembra ancora peggio. La polizia militare non
ci lascia passare e io, con la mia famiglia e altri profughi,cerchiamo di
raggiungere la Macedonia attraverso il fiume Suva Reka ma purtroppo non ci
siamo ancora riusciti.
Un giorno la polizia macedone ha cercato persino di bloccarci
lanciandoci gas lacrimogeni. E’ stato terribile! Non si respirava bene e ci
sono stati tantissime persone, tra cui molti bambini, feriti. C’erano addirittura
persone che ci lanciavano sassi sopra il filo spianato.
Per me, qui al campo, le giornate non passano mai anche se ho fatto
amicizia con altri bambini: qualche volta gioco con loro ma purtroppo c’è tanto
fango e molto freddo. Di notte, con i miei genitori, dormiamo in tenda: ogni
rumore che sento mi fa paura. Sogno ogni volta di poter passare il confine
andando in Germania ma, la mia paura più grande, è quella di essere separata
dalla mia mamma e dal mio papà.
di Lucrezia
Siamo finalmente arrivati
alle coste della Grecia, ci manca solo di toccare i confini della Macedonia.
Dalla Siria fino a qui sono venuta con mia sorella (più piccola di me di due
anni e mezzo), mia madre e mio padre: siamo riusciti per un pelo a scappare
dalla guerra su un treno che ci ha portato fino al confine tra la Siria e la
Turchia. Poi, fino al Mar Egeo, siamo andati a piedi. Alla spiaggia abbiamo
visto un canotto, ci siamo saliti con altre famiglie. Sul canotto ho visto
persone malate, bambini e bambine che piangevano: io me ne stavo lì al centro
del canotto rannicchiata su me stessa a cercare un po’ di caldo, ma senza
successo. Così mi avvicinai ai miei genitori che entrambi strinsero me e mia
sorella. Quella notte era molto fredda ma, nonostante questo, il cielo era
stellato e c’era la luna piena, bellissimo! Il mattino dopo fui tra i primi a
vedere le coste della Grecia e ad avvertire gli altri. Finalmente abbiamo
mollato il canotto stretto e ci siamo rimessi in cammino.
Ora mi manca quel
canotto, mi fanno male i piedi, tutti sono assetati e mi è sembrato di aver
visto un miraggio. Ho visto una ferrovia! Ecco il treno che arriva! Siamo
riusciti a prenderlo fino al confine. Appena scesi dal treno vidi i campi pieni
di tende, ci appostammo lì e, piena di speranza, pensai: "Chissà se un giorno
ci faranno passare ".
di Maria
Mi chiamo Celsa, sono una ragazza di 14 anni scappata con la
mia famiglia dalla guerra siriana. Sono nata a Palmira, un bellissimo luogo
dove ci sono scavi antichi romani e che era meta di molti turisti.
Io, come qualunque ragazza della mia età passavo le giornate
andando a scuola e vedendo le mie amiche con le quali sono cresciuta,
divertendomi con loro e facendo sport. Fantasticavo sul mio futuro immaginando
di diventare un’atleta famosa nella specializzazione dello sci, desiderando di
vivere in montagna tra la neve e le gare di sci. Con la TV e il computer ero al
corrente di tutte le manifestazioni ed eventi che si svolgevano nel mondo.
Anche i miei genitori appoggiavano le mie idee.
Purtroppo, con la guerra che ci ha colpito tutto il mio mondo
è crollato, con la mia famiglia sono scappata dalla mia città per andare in
Serbia.
Adesso mi trovo, in un campo profughi insieme a migliaia di
altri migranti come noi, fermati dalla polizia macedone che non lascia passare
il confine.
Sono sistemata in una specie di tenda improvvisata, in uno
stato pietoso, insieme ad altri con i quali dividiamo il nostro dolore e il
nostro stato di vita.
E’ da parecchi giorni che piove, la temperatura è sotto zero,
abbiamo poche coperte e un abbigliamento non adatto al clima, quindi ho molto
freddo, i brividi e sono molto triste.
In questo ambiente così triste e squallido, fortunatamente ho
conosciuto altre ragazze come me e con loro passo le giornate aspettando il
momento in cui ci daranno il permesso di passare la frontiera.
La situazione in questo periodo è molto tesa per gli
attentati che ci sono stati a Bruxelles dove sono state scoppiate delle bombe
sia nell’aereoporto che in due stazioni metropolitane nelle ore più affollate.
Tutto questo crea dolore e panico fra la gente che però si fa
forza e non si arrende, continuando a vivere come sempre.
di Riccardo
Ciao, io sono Trit vengo dalla Turchia precisamente da Homs
la mia città è stata distrutta dalla guerra sto migrando verso la
Grecia Per poi spostarmi verso la Russia perché li ho dei parenti Che
sono disposti ad aiutarmi e farmi avere un posto sicuro per me e per la
mia famiglia. Adesso sono bloccato al confine della macedonia vedo da
quando sono bloccato qua che passano elicotteri sopra le nostre teste E
vedo guardie militari di cui non si vede il volto che passano A fare
controlli e ti chiedono i documenti E se non li hai ti riportano da dove
sei venuto. Oggi fa freddo molto freddo e mio figlio di quattro anni
ieri non ha mangiato, noi viviamo in una tenda e nella tenda non c'è il
riscaldamento abbiamo sono le coperte ma non bastano oggi c'è troppo
freddo. In questi giorni si sono persi molti miei amici che migravano
insieme a me con le loro famiglie. La mia famiglia ed io abbiamo notato
che c'era un gruppo di siriani che hanno cellulari della marina infatti
loro quando ci sono le guardie si nascondono dietro gli alberi Per non
farsi controllare dalle autorità, secondo me fanno parte dell'Isis. Oggi
forse è il grande giorno il giorno che aspetto da mesi forse riuscirò
ad avere finalmente una vita felice con la mia famiglia.
È STATO VERAMENTE DURO QUESTO VIAGGIO
di Lorenzo
Sono
arrivato dalla Siria con i barconi da poco più di un mese , e ho
trovato solo povertà, freddo, fame, fango, pioggia e una piccola tenda.
Siamo bloccati in Grecia al confine con la Macedonia.
Ho 11 anni, sono nato in
Siria dove studiavo alle medie. Li' vivevo con la mia famiglia; la mia
casa è stata distrutta dai bombardamenti. Poi abbiamo preso un barcone e
il viaggio ci è costato migliaia di euro a persona. Il barcone era di
legno ed eravamo tantissimi tutti stipati e non ci si potevamo muovere
perchè rischiavamo di affondare. Arrivati in Grecia dopo un
lunghissimo viaggio, abbiamo viaggiato a piedi fino al confine con la
Macedonia dove ora sono bloccato.
Qui le mie giornate sono
tutte identiche e noiose: la mattina inizia con il pianto del bambino
della tenda accanto, poi vado un po' in giro per il campo cercando di
fare amicizia con altre persone. Mangio il cibo della Croce Rossa, cioè
riso e patate. Poi vado a dormire e poi ricomincia nello stesso modo
il giorno dopo.
Le persone intorno a me sono stanche e arrabbiate per l'attesa e con l' unico pensiero di passare le frontiere.
Io mi chiamo Zaid, ho 11 anni, la carnagione olivastra e ho i capelli e gli occhi neri.
E dico a tutti: Basta guerre e basta muri.
di Hiber
Mi chiamo Mustafa e ho quindici
anni
Un mese
fa sono partito dalla Siria verso la Germania,
ho attraversato il mar Mediterraneo con un barcone dove eravamo ammassati a
migliaia, abbiamo superato il mare in tempesta, molti non sapevano neanche
nuotare. Abbiamo fatto un lungo viaggio e ora siamo bloccati. Mi trovo
in Grecia nel campo profughi di Idomeni ai confini con la Macedonia, con tutta la mia famiglia: i miei genitori, le mie due
sorelle più piccole e i miei vecchi nonni dentro una tenda. Ho molto freddo,
piove da diversi giorni e attorno a me c’è solo il fango. Noi dobbiamo
raggiungere mio zio a Berlino, dove vive ormai da vent’anni, ma il problema è
che molti stati europei hanno bloccato le frontiere e i poliziotti non ci fanno passare.
Passo il tempo giocando a
palla con dei ragazzi e parliamo e ci confidiamo le nostre paure. Le migliaia
di persone tutt’intorno hanno sete e fame e viviamo in condizioni misere; io e
la mia famiglia vogliamo oltrepassare il muro e anche gli altri.
Ho paura di non avere un
futuro, non so quello che mi aspetta.
di Olivia
Buongiorno, mi chiamo
Ahmad e ho vent’anni. Scrivo questo diario per distrarmi un po’. Vengo dalla
Siria, ma ora sono “residente” in una “tendopoli” che si trova accanto al muro
che è stato eretto tra Grecia e
Macedonia.
La mia famiglia credo che sia in qualche altra “tendopoli”
non so neppure dove (ah, dimenticavo di specificare che per me le tendopoli
sono i cosiddetti campi profughi), oppure sia già arrivata in un paese dove
hanno dato loro asilo politico. In questa “tendopoli” sono solo con la mia
sorellina. La mia sorellina è una delle persone più importanti al mondo per me.
Lei mi ricorda molto la mia mamma, che se ne è andata via molti anni fa, ha dei
bellissimi capelli lunghi neri e dei grandi occhi verdi. Al solo pensiero che un giorno possano
smistarla in un’altra “tendopoli” rabbrividisco.
Durante
la notte ho sognato di riuscire a oltrepassare il muro e magicamente trovarmi a
Berlino. All’inizio mi trovavo bene, le persone erano molto gentili e dopo poco
tempo mi riconoscevano l’asilo politico. Trovavo un lavoro e riuscivo anche ad
avere i soldi per comprarmi un paio di scarpe e una nuova maglietta. Dopo un
paio di giorni mi accorgevo di aver dimenticato qualcosa nella “tendopoli” e quella cosa era … mia sorella!
All’inizio mi sentivo uno schifo, poi entrava in gioco l’ansia ed i sensi di
colpa.
Dopo
poco, per fortuna, mi sono svegliato e ho tratto una conclusione: preferisco
rimanere per più tempo nel campo profughi e poi riuscire a oltrepassare il muro
insieme a mia sorella, piuttosto che oltrepassarlo subito e poi non essere con
lei.
Dopo mi sono alzato e mi è stato riferito che
quei maledetti terroristi questa mattina hanno fatto un attentato a Bruxelles.
Questo avvenimento mi fa venire ancora più voglia di oltrepassare questo muro
di filo spinato e arrivare in uno dei paesi importanti, per dimostrare al mondo
che noi musulmani non siamo tutti terroristi e che non tutti i musulmani sono
dei vandali e degli assassini. Oggi non ho fatto nient’altro che pensare a
questa cosa!
Ciao
diario, ora devo andare a prendere la mia sorellina. Sembra che oggi sia la
volta buona e stiano per farci oltrepassare il filo.
Ci
vediamo domani.