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I miti della guerra di Troia (11 minuti)
raccontati da Luciano De Crescenzo
Buffonate sull'Iliade (con errori) (4 minuti)
Altri appunti, video e un grande schema
su Omero, Iliade e Odissea
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HEINRICH SCHLIEMANN scopre le rovine di Troia
Dal Mar Nero al Mar Egeo: Bosforo, Mar di Marmara e Dardanelli. |
La Turchia di oggi |
di Heinrich Schliemann
(testo liberamente ripreso da Wikipedia)
(testo liberamente ripreso da Wikipedia)
Fu il padre a trasmettere ad Heinrich l'amore per le civiltà passate, leggendo i versi dei poemi omerici e
descrivendo le gesta degli eroi antichi della leggendaria città di
Troia, fino ad allora ritenuta dagli studiosi solo frutto della
fantasia. Nel 1829
gli venne regalato un libro di storia per bambini e, secondo quanto
affermato nella sua autobiografia, rimase impressionato da
un'illustrazione raffigurante Troia in fiamme, e chiedendo lumi al padre
sull'imponenza delle mura il piccolo Heinrich espresse il desiderio di
ritrovarle.
Nel 1836 abbandonò gli studi e iniziò l'apprendistato presso un piccolo commerciante,
dimenticò così tutto quello che aveva imparato fino a quando, sempre
secondo quanto narrato nella sua autobiografia, venne colpito dalla
bellezza di alcuni versi in greco
recitati da un ubriaco, il figlio di un pastore locale espulso dal
ginnasio per cattiva condotta e divenuto apprendista di un mugnaio.
Schliemann racconta quindi di avere speso gli ultimi centesimi che gli
rimanevano per comprare da bere all'uomo, purché ripetesse i versi
recitati che lo avevano profondamente colpito tanto da fargli desiderare
di imparare il greco antico. Solo in seguito scoprì che erano versi tratti dall'Iliade e dall'Odissea.
Dopo anni di apprendistato e un incidente decise di emigrare in
Venezuela e s'imbarcò su una nave che naufragò sulle coste dell'isola di
Texel. Ad Amsterdam lavorò da fattorino e, da autodidatta imparò
l'inglese, il francese, l'italiano e il russo. Nel 1850 salpò per gli Stati Uniti d'America dove incominciò ad arricchirsi, prestando denaro ai cercatori d'oro.
Subì un processo per frode e quindi tornò a San Pietroburgo,
dove qualche anno prima aveva intrapreso la carriera di commerciante.
Nel 1852 sposò Caterina Petrovna Lyschinla, figlia di un avvocato
benestante della città russa. La Guerra di Crimea,
che scoppiò l'anno dopo, gli portò una grande ricchezza: Schliemann
rifornì di vettovaglie e materiale bellico le truppe dello Zar.
Contemporaneamente iniziò a studiare nuove lingue (circa una ventina:
all'inizio francese, inglese, spagnolo, ma poi anche altre come arabo ed
ebraico;
Schliemann ideò un metodo di studio assai efficace, infatti le prime
lingue le studiò in un anno, ma le ultime, come l'arabo, in sole sei
settimane) tra cui il greco antico per poter leggere direttamente le
imprese degli eroi narrate dal mitico cantore.
La spedizione in Anatolia
Nel 1868,
ritiratosi dagli affari, Schliemann si dedicò alla realizzazione dei
suoi sogni, i viaggi e le scoperte archeologiche. Nel settembre del
1869, divorziato dalla moglie russa, si sposò con la giovane greca
Sophia Engastromenou e nel 1870 intraprese un viaggio verso la Cina e il
Giappone; successivamente si trasferì in Italia, in Grecia ed infine in
Turchia.
Presso la collina di Hissarlik
iniziò la ricerca delle mura di Troia con la collaborazione di
Frank
Calvert, viceconsole britannico proprietario dei terreni, che già aveva
ipotizzato di poter trovare le rovine della città presso quel sito. In
quell'anno effettuò un primo scavo clandestino, suscitando le ire del
governo turco. Nel 1871 ottenne l'autorizzazione a compiere le ricerche
in terra turca e organizzò a proprie spese una spedizione archeologica
in Anatolia, sulla sponda asiatica dello Stretto dei Dardanelli, luogo
che la tradizione indicava come possibile sito della città di Troia.
L'archeologo tedesco fermò la propria attenzione sulla collina di
Hissarlik, un'altura in posizione favorevole per una roccaforte, dalla
quale si poteva dominare tutta la piana circostante; seguendo le
indicazioni e le descrizioni dei testi omerici, il 4 agosto 1872
Schliemann rinvenne vasellame, oggetti domestici, armi e anche le mura e
le fondamenta non di una sola città, quella di Priamo, ma di ben altre
otto città diverse, costruite l'una sulle rovine dell'altra (i risultati
delle ricerche furono resi noti nel 1874 nell'opera Antichità troiane).
Grazie all'analisi degli oggetti rinvenuti e delle tecniche
costruttive utilizzate dagli archeologi che hanno portato a termine il
lavoro iniziato da Schliemann, datando i vari strati e tracciando le
piante delle ricostruzioni, in cui si notano i cerchi concentrici delle
cinte murarie. Individuò IX strati.
Il 15 giugno 1873,
ultimo giorno di scavo prima della sospensione dei lavori, Schliemann
effettuò una nuova e importantissima scoperta: alla base delle "mura
ciclopiche" del VI strato vide qualcosa che attirò la sua attenzione;
allontanati gli operai, aiutato solo dalla moglie, la greca Sophia
Engastromenou, bella come l'immagine che egli si era fatto di Elena di Troia, riportò
alla luce un tesoro costituito da migliaia di gioielli d'oro (per la
precisione, più di 8.700), definito come il "tesoro di Priamo", che il
Re aveva nascosto prima della distruzione della città. Questo tesoro era stato trovato alla profondità di 10 metri in un recipiente di rame largo 1 metro e alto 45cm.
Schliemann riuscì ad esportare segretamente il tesoro in Grecia; per questo venne accusato dalla Turchia
di esportazione illegale e costretto a pagare una ingente multa;
l'archeologo tuttavia pagò una somma maggiore pur di divenirne il
proprietario, quindi decise di donare il tesoro alla Germania, dove questo rimase fino alla seconda guerra mondiale.
Il 6 marzo 1945 Adolf Hitler ordinò che fosse nascosto nelle
miniere di sale di Helmstedt, in previsione della sconfitta e per
evitare che cadesse in mano ai sovietici. L'ordine di Hitler non venne
eseguito e il tesoro finì a Mosca.
Negli anni successivi i russi smentirono che questo si trovasse
nelle
loro mani e così scoppiarono infinite polemiche. La prima conferma
ufficiale della presenza del tesoro in Russia si ebbe nel 1993 da parte
del ministro della cultura russo che dichiarò che il tesoro si trovava a
Mosca, al Museo Puskin, dal 1945.
Attualmente quattro nazioni si contendono quel tesoro: la Turchia
(dove è stato rinvenuto), la Grecia (erede della tradizione omerica), la
Germania (a cui fu donato dall'archeologo) e la Russia (dove si trova
attualmente).
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