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Siriana di origine (è nata a Damasco nel 1938), ma milanese di adozione,
Masal Pas Bagdadi, una quotata psicoterapeuta (professione alla quale ha dedicato diversi saggi), torna in libreria con
Ho fatto un sogno
(Bompiani, pagg. 180, euro 12,00) che, se vogliamo, rappresenta una
specie di arricchimento delle tematiche personali già contenute in
A
piedi scalzi nel kibbutz. Dalla Siria a Israele all'Italia: vita
singolare di un'ebrea siriana diventata psicologa dell'infanzia. Un lavoro del 2003 che riscosse particolare attenzione sia da parte del pubblico che della critica.
E
in quel libro l'autrice raccontava di una giovane ebrea siriana che,
sradicata dalla madre e dall'infanzia, era fuggita a soli cinque anni
dalla Siria a seguito delle persecuzioni antisemite ed era entrata
illegalmente in Palestina, per poi arrivare in Israele nell'immediato
dopoguerra. Da lì, dopo aver trascorso in un kibbutz adolescenza e
giovinezza, si sarebbe trasferita in Italia, dove sarebbe diventata
psicologa, occupandosi fra l'altro di "bambini difficili" (dando vita al
Centro giochi di Masal e guidando l'associazione onlus
Chi sono io?,
che peraltro l'ha vista come conduttrice nell'omonima trasmissione sul
canale Sky 137). In altre parole mettendo nero su bianco il suo percorso
di vita, infarcito di profonde ferite.
Una autobiografia densa di significato che ora trova un confortante seguito in
Ho fatto un sogno,
dove Masal riprende il discorso sul suo passato e sul suo presente. Lei
che nel 2013 aveva peraltro già dato alle stampe, sempre per Bompiani,
Mamma Miriam,
lavoro nel quale l'autrice aveva continuato a fare i conti con il
passato, e soprattutto con il presente, per far diventare l'Italia il
suo Paese di adozione. «Avevo infatti deciso - sono parole sue - di
continuare ad andare in giro per il Paese e raccontare ancora e ancora
la mia storia. E in questi viaggi ho scoperto gli italiani, un popolo
affettuoso e accogliente». Fermo restando che ad «ogni incontro si
ricreava quella magia inaspettata: io e gli altri, gli altri e me.
Ovvero le distanze si accorciavano e la gratitudine reciproca era
sincera».
Dopo
A piedi scalzi nel kibbutz, Masal Pas Bagdadi torna a raccontare
storie di amore e ricerca che spaziano tra realtà e sogno, ricordi e
memoria, legati alla sua famiglia e al suo popolo.
Il vecchio nonno
appare nella notte alla protagonista, e le sue poche parole la spingono a
interrogarsi sulla sua vita e sui suoi figli. In questo viaggio
straordinario fuori dal tempo, Masal visita il
cimitero di Tel Aviv e
anima i suoi abitanti come per magia, cammina per i vicoli del mercato
dove nomi e lingue si mescolano tra i profughi scampati alla Shoa e alle
persecuzioni.
Con nostalgia torna a rievocare il
ghetto di Damasco tra
profumi e storie di altri tempi, dove Tune, la bambina di allora,
assorbe quello che la circonda e inconsapevolmente si prepara ad
affrontare gli eventi tragici della sua vita. Ho fatto un sogno è un
viaggio affascinante tra passato e presente, verso un futuro pieno di
amore per la vita.
Masal è una giovane ebrea siriana che, sradicata dalla madre e
dall’infanzia, peregrina per il Medio Oriente fino ad arrivare in
Israele nell’immediato dopoguerra. Da lì, dopo aver trascorso in un
kibbutz adolescenza e giovinezza, si trasferisce in Italia dove diventa
psicologa e si occupa di “bambini difficili”. La storia di una vita che
ha conosciuto le più profonde ferite inferte all’uomo negli ultimi
decenni in una commovente autobiografia densa di significato.
Masal Pas Bagdadi
-
Nata a Damasco nel 1938, a soli cinque anni
fugge dalla Siria per le persecuzioni antisemite ed entra illegalmente
in Palestina. Cresce in un kibbutz in Israele, in Italia diventa
psicoterapeuta e s [...]
I LUOGHI
Confini della Siria (capitale Damasco)
A NORD: Turchia (capitale Ankara)
A EST: Iraq (capitale Baghdad)
A SUD: Giordania (capitale Amman)
A OVEST: Israele (capitale Tel Aviv), Libano (capitale Beirut), Mar Mediterraneo (Isola Cipro con capitale Nicosia)
Kibbutz - Nello stato d'Israele, fattoria a gestione collettiva. (Sabatini -Coletti)
Il
kibbutz è una forma associativa volontaria di lavoratori dello stato di
Israele, basata su regole rigidamente egualitaristiche e sul concetto di proprietà comune.
Il kibbutz è nato come
ideale di eguaglianza, di
lavoro a favore della comunità;
questo comporta per ogni singolo elemento appartenente al kibbutz
l'obbligatorietà di lavorare per tutti gli altri elementi dello stesso e
in cambio, al posto di denaro ricevere semplicemente i frutti del
lavoro altrui, evitando così alla collettività di cadere nelle mani di
quello che viene considerato il
consumismo di stampo occidentale.
Nel 2010 c'erano in Israele 270 kibbutz. Le loro fabbriche e le loro
aziende agricole arrivavano a costituire il 9% del prodotto industriale
(8 miliardi di dollari) e il 40% del prodotto agricolo (oltre 1,7
miliardi di dollari).
L'associazionismo in forma di kibbutz risale all'inizio del XX secolo con la fondazione di Degania a sud del lago di Tiberiade, avvenuta nel 1909.
Il kibbutz è stato uno degli elementi fondamentali nello sviluppo di Israele, sia per la forte carica ideologica socialista sia per il fattore innovativo che portava in un'area in cui l'agricoltura era a puri livelli di sussistenza.
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Dal
Dizionario Sabatini-Coletti
ghetto
[ghét-to] s.m.
- 1 Quartiere un tempo assegnato agli ebrei
- 2 estens. Quartiere abitato da minoranze emarginate: g. portoricano; anche, zona cittadina sudicia e malfamata
- 3 fig. Condizione di isolamento, d'emarginazione
- sec. XVI
profugo
[prò-fu-go] agg., s. (pl.m. -ghi, f. -ghe)
- • agg. Che è costretto a lasciare la propria patria in seguito a calamità naturali, guerre ecc.: accogliere le famiglie p.
- • s.m. (f. -ga) Nel sign. dell'agg. || campo profughi, accampamento attrezzato per accogliere profughi
- • sec. XIV
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Masal Pas Bagdadi psicoterapeuta
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COLLEGAMENTI