martedì 26 aprile 2016

IL GATTO NERO

di Edgar Allan Poe

LA SETTIMANA DEL CINEMA


 Risultati immagini per i cento passi   I cento passi
I cento passi è un film del 2000 diretto da Marco Tullio Giordana dedicato alla vita e all'omicidio di Peppino Impastato, impegnato nella lotta alla mafia nella sua terra, la Sicilia.
Cento sono i passi che occorre fare a Cinisi, per colmare la distanza tra la casa della famiglia Impastato e quella del boss mafioso Gaetano Badalamenti.
Il giovane Peppino Impastato vive cercando di sfuggire a quest'inesorabile legame con l'ambiente mafioso che il padre, Luigi Impastato, un po' per inerzia, un po' perché ha una moglie da proteggere e due figli da crescere, non ha la forza di rompere. Anche di fronte alla vulnerabilità sua e della propria famiglia, Peppino, animato da uno spirito civico irrefrenabile, non esita, con l'involontaria complicità del fratello Giovanni, ad attaccare "don Tano" e a denunciarne pubblicamente le malefatte.
Il percorso "controcorrente" di Peppino nasce quando, bambino, vede scorrere davanti a sé gli albori della lotta politica contro la mafia e il potere a essa colluso, lotta a cui poi prenderà attiva parte una volta adolescente e poi da adulto. La morte violenta dello zio capomafia, l'incontro con il pittore comunista Stefano Venuti, il rifiuto del padre biologico e della famiglia intesa in senso mafioso e il formarsi con il pittore idealista, suo vero "padre etico", sono i punti di svolta della vita di Peppino bambino, che lo segneranno per il resto della sua esistenza. La frase «noi comunisti perdiamo perché ci piace perdere» sembra quasi un preludio alla sua tragica morte, che giunge quando ormai è diventato troppo scomodo ai mafiosi e il padre, morto in un oscuro incidente, non lo può più proteggere da don Tano. Viene ucciso soprattutto per l'operato dell'irriverente Radio Aut, dai microfoni della quale si è scagliato senza freni a denunciare la mafia e i suoi misfatti.
da Wikipedia 
una recensione 


La mafia uccide solo d'estate

      Scheda di Wikipedia

     PRESENTAZIONELocandina La mafia uccide solo d'estate
Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, debutta al cinema con una storia di rimozione, una storia scomoda perché chiama in causa responsabilità collettive che costringono a interrogarsi sull'identità culturale del Paese, sul suo passato e sul suo futuro. Aiuto regista di Marco Tullio Giordana nel 2000, lo ha accompagnato nei cento passi che separavano l'abitazione di Peppino Impastato da quella del boss Tano Badalamenti. E di quel film l'opera prima di Pif ha l'urgenza e la necessità di raccontare una pagina drammatica che non deve essere dimenticata perché rompe col silenzio e con l'omertà, un contratto sociale basato sulla connivenza.
Costruito come un romanzo di formazione, La mafia uccide solo d'estate trova la sua rilevanza in quello che racconta e la sua forza in come lo racconta e come rappresenta la mafia senza indulgenze celebrative. Infilato il terreno minato dell'universo criminale, Pif contempla il fascino sinistro dell'eroe del male, incarnato nel film da Giulio Andreotti e allargato a una lunga serie di 'persone perbene'e istituzionali fino alla bassa macelleria criminale, scartando i sentimenti retorici e i cliché che veicolano l'idea dell'immutabilità della Mafia. Nato in una regione incline al fatalismo come la Sicilia, Pif fa qualcosa di più che dimostrare la parabola discendente di Cosa Nostra, scegliendo come protagonista un ragazzino che coltiva sogni, speranze e illusioni e che imparerà a sottrarsi alle regole del gioco sentendosi e volendosi 'diverso' rispetto alla cultura diffusa di cui la criminalità organizzata è espressione. I padrini forti e arcaici visti sempre nella loro sacralità di potenti e cattivi vengono 'rovesciati' in una storia drammaturgicamente valida e capace di scendere dentro le cose.
Cinema impegnato in prima linea, che arriva col sorriso fino in fondo, fino a sentire e a far sentire un dolore lancinante, La Mafia uccide solo d'estate capovolge il comico in tragico ricordandoci che ribellarsi è possibile. Il film porta a coscienza del protagonista e della sua città i mostri che stanno anche dentro chi li vorrebbe cacciare e che decide per questo di dichiarare guerra a una parte di sé. Lo sguardo attonito e incredulo di Arturo bambino sulle omertà e le brutalità del mondo degli adulti, che lo hanno sedotto (Giulio Andreotti), innescato (il giornalista esiliato di Claudio Gioè) e (ri)educato (i 'retroscena' del potere mafioso), si posa adesso consapevole sul figlio e sulle targhe di marmo.
Arturo ha pochi anni e un segreto romantico che condivide con Rocco Chinnici, giudice e vicino di Flora, la bambina che gli ha incendiato il cuore. Nato a Palermo, Arturo è stato concepito il giorno in cui Totò Riina, Bernardo Provenzano, Calogero Bagarella e altri due uomini della famiglia Badalamenti, uccisero Michele Cavataio vestiti da militari della Guardia di Finanza. Da quel momento e da che si ricordi la sua vita, spesa a Palermo, è stata allacciata alla Mafia e segnata dai suoi efferati delitti. Cresciuto in una famiglia passiva, in una città 'muta' e tra cittadini incuranti dei crimini che abbattono i suoi eroi in guerra contro la Mafia, Arturo prova da solo a produrre un profilo e un senso a quegli uomini contro e gentili che gli offrono un iris alla ricotta (il commissario Boris Giuliano) o gli concedono un'intervista (il Generale Dalla Chiesa). L'unico che proprio non riesce a incontrare, ma di cui ritaglia e colleziona foto dai giornali, è il premier Giulio Andreotti, che da una trasmissione televisiva gli impartisce un'ideale lezione sentimentale da applicare al cuore della piccola Flora. Gli anni passano, la Mafia cresce in arroganza e crudeltà e i paladini della giustizia vengono falciati, sparati, esplosi. Soltanto Arturo rimane uguale a se stesso, ossequiante e 'svenduto' in una televisione locale e nella campagna elettorale di Salvo Lima. Ma la morte di Giovanni Falcone e quella di Paolo Borsellino lo risveglieranno da un sonno atavico e dentro una città finalmente cosciente.


   E ora dove andiamo?
Un film di Nadine Labaki.Titolo originale Et maintenant, on va où?. Drammatico, durata 110 min. - Francia, Libano, Egitto, Italia 2011
In un paese in una zona montuosa del Medioriente la piccolo comunità è divisa tra musulmani e cattolici. Se gli uomini sono spesso pronti alla rissa tra opposte fazioni le donne, tra cui spiccano le figure di Amale, Takla, Yvonne, Afaf e Saydeh sono invece solidali nel cercare di distogliere mariti e figli dal desiderio di trasformare i pregiudizi in violenza.  
...

 Locandina E ora dove andiamo?   Una commedia al femminile contro l'in-
tegralismo

GIOVANNI FALCONE E PAOLO BORSELLINO

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
La strage di Capaci fu un attentato messo in atto da Cosa Nostra in Italia, il 23 maggio 1992, sull'autostrada A29, nei pressi dello svincolo di Capaci nel territorio comunale di Isola delle Femmine, a pochi chilometri da Palermo.
Nell'attentato persero la vita il magistrato antimafia Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro.
 
19 luglio 1992
 La strage di via D'Amelio fu un attentato di stampo terroristico-mafioso avvenuto in Italia il 19 luglio 1992, in via Mariano d'Amelio a Palermo, nel quale persero la vita il magistrato italiano Paolo Borsellino e i cinque agenti di scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

COME DUE FIGLI. Antonino Caponnetto racconta. 

Il racconto di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino nel pool antimafia di Palermo attraverso la testimonianza commovente del capo del pool antonino caponnetto. L'amicizia, l'affetto e il rispetto verso due magistrati coraggiosi, due servitori dello stato. Il tradimento e lo smembramento del pool su decisione del consiglio superiore della magistratura. Le stragi ordite dallo stato ed eseguite dalla mafia. le ansie, i sospetti e le delusioni di un gruppo di uomini unici che tra mille difficoltà riuscirono in parte a decapitare la cupola mafiosa ma distrutti da poteri ancor più forti della mafia stessa: lo stato italiano.

Mafia

Organizzazione criminosa clandestina che, nata in Sicilia nel secolo XIX sotto il governo borbonico, diffondendosi poi in tutta la nazione (e, con gli emigrati, spec. negli Stati Uniti d'America, ma anche altrove, p.e. in Francia), esercita il controllo su certe attività economiche e su traffici illeciti (p.e. appalti, stupefacenti), condiziona la libertà dei cittadini e il regolare andamento delle funzioni pubbliche; è retta dalla legge dell'omertà e del silenzio e si serve di metodi di intimidazione e di repressione violenta e spietata: il potere della m.; anche con riferimento ad altre organizzazioni criminose: m. cinese 

Il sistema  camorra descritto da Roberto Saviano  

I cento passi

Peppino Impastato
Giuseppe Impastato, meglio noto come Peppino (Cinisi, 5 gennaio 1948 – Cinisi, 9 maggio 1978), è stato un giornalista, attivista e poeta italiano, noto per le sue denunce contro le attività di cosa nostra a seguito delle quali fu assassinato, vittima di un attentato il 9 maggio 1978.

La mamma di Peppino Impastato

Peppino Impastato: la sua voce alla radio Out 

Onda Pazza, Radio Out

Onda Pazza . Radio Aut . La voce di Peppino. "Registrazione Originale"

Il monologo di Peppino Impastato

Peppino Impastato è morto
Nasce a Cinisi il 5 gennaio 1948 da Felicia Bartolotta e Luigi Impastato. Viene assassinato il 9 maggio 1978, qualche giorno prima delle elezioni e qualche giorno dopo l'esposizione di una documentata mostra fotografica sulla devastazione del territorio operata da speculatori e gruppi mafiosi: il suo corpo è dilaniato da una carica di tritolo posta sui binari della linea ferrata Palermo-Trapani. Le indagini sono, in un primo tempo orientate sull'ipotesi di un attentato terroristico consumato dallo stesso Impastato, o, in subordine, di un suicidio "eclatante". Il caso giudiziario è stato chiuso e riaperto per ben tre volte, sino ad arrivare all'attuale processo, ancora in corso, nei confronti del boss di Cinisi Gaetano Badalamenti e del suo complice Vito Palazzolo, accusati di essere i mandanti del delitto.

I cento passi - scena finale 

la mafia uccide solo d'estate scena finale 

Pif alle Invasioni barbariche

 

UN TEST PER GIOCARE

                          Il test di intelligenza più breve del mondo

                           Solo il 10% ha indovinato 

                                                                   VIDEO

                                                                    prova! 

domenica 24 aprile 2016

RACCONTI ISPIRATI A GOLCONDA DI MAGRITTE

                             

Invento una storia di 50-150 parole ispirata al quadro “Golconda” di Magritte.
Invento una storia di 8-10 parole ispirata al quadro “Golconda” di Magritte.

                                                           di Olivia e Maria
              Golconda è un quadro di Magritte, pittore  belga del novecento. In esso sono rappresentati tanti uomini in bombetta sospesi nel vuoto e, in secondo piano, ci sono delle classiche case di città. Forse questi uomini cadono dal cielo, come fossero pioggia, oppure potrebbero stare salendo in cielo, come angeli. Potrebbero essere anche uomini che vivono in cielo come nuvole, ma che in realtà sono dei burattinai: dal cielo tirano i fili dei destini delle persone che vivono sulla terra. Che destino avranno queste persone?  Quale sarà il loro futuro? Cosa decideranno per loro gli uomini con le bombette?
            Gli uomini con le bombette sono severi ma giusti. Se uno si è comportato male, ma poi si pente avrà comunque un bel futuro. Se uno si è sempre comportato male e non ammette di avere sbagliato, dagli uomini in bombetta sarà perseguitato.

                                                       ***** 
Gli uomini in bombetta, burattinai del destino umano.  
     
                                                   

                                                            di Tommaso
         Era l'estate del 1953 e l'artista René stava lavorando a un nuovo quadro, quando a un certo punto qualcuno bussò alla porta del suo studio: era il dottor John Käs, uno dei suoi più vecchi amici.
John, o meglio Doc K così si faceva chiamare nella comunità scientifica, era uno fisico stravagante, i suoi studi e le sue ricerche erano molto particolari, sembravano trasformare cose impossibili in realtà. 
           Lo scopo della visita era quello di far provare all'amico pittore una delle sue ultime invenzioni il "DUPLICATOR", una speciale macchina che permetteva di moltiplicare qualsiasi cosa. René era un po' spaventato dalla cosa ma vi sto che il suo motto era "La vita è tutto un mistero" accettò con gioia e curiosità. Una volta arrivati al laboratorio del dottore, provarono a moltiplicare la bombetta dell'artista mettendola in una stretta cabina, accesero la macchina e subito il cappello venne avvolto da una forte luce biancastra, passarono alcuni secondi di assestamento e la cabina si riempì fino a scoppiare di bombette. 
         "Vuolà - disse Doc K - l'impossibile è possibile, con tutte queste bombette copriremo le teste di tutto il paese!!!"  René ebbe come una folgorazione, pensò che questa invenzione era la cosa più reale che potesse mischiarsi con il suo modo di fare arte così irreale... Ed ecco moltiplicare uomini in bombetta come gocce di pioggia sulla sua tela che poi diventerà un quadro tra i più famosi la "Golconda", d'altronde si sa, è solo la tua mente: qualunque cosa consideri reale lo diventa anche
la cosa più assurda!
                                                  
                                                 
                                                             di Marta
            “Buonanotte René!”… fu così che cominciò il mio sogno. Corro verso la scuola, sono in ritardo, mancano pochi metri, mi fa male la milza, ho corso quasi due chilometri da casa a scuola, ma ecco che suona la campanella di inizio lezioni e io non sono ancora arrivato. Niente da fare, ho perso un’altra giornata di scuola, sono sempre in ritardo, ma ora passiamo al dunque: siccome non posso andare a scuola, comincio a gironzolare per la città, anche se il tempo non è bellissimo.
            Mi piace passeggiare per le vie del mio paese, ogni tanto incontro qualche conoscente e mi devo nascondere, ma questo non importa più di tanto; ora sto attraversando la piazza principale, c’è un via-vai di persone impressionante: chi entra nei negozi, chi esce, chi è intento a trovare la metropolitana per andare al lavoro, io invece mi guardo intorno in cerca di qualche venditore di quadri da poter ammirare. Ho trovato qualcuno da cui prendere spunto per un nuovo disegno stravagante al mio stile: lo “stile René”. Mi avvicino, ma ecco che si alza un vento fortissimo che mi liscia i capelli, sembra di volare, vedo a malapena che anche le atre persone sono in difficoltà con un fortissimo vento che sembra un tornado, sento che mi sto sollevando e non è solo un’illusione, anche le altre persone si stanno staccando da terra e stanno urlando come se stessero cadendo da un dirupo, io non urlo. Guardo vicino a me, c’è il mio vicino di casa, è un anziano e sta urlando come tutti gli altri, lo osservo con occhio attento, sembra che stia mutando di aspetto e sembra proprio il mio aspetto, osservo le altre persone, anche loro stanno cambiando il loro aspetto nel mio.
            Tutte le persone, direi tutti i René Magritte, io compreso, sono arrivati nella parte più alta del cielo e continuano a salire… “René, svegliati, devi andare a scuola, svegliati!” giusto, era solo un sogno, sono un po’ sudato e spaventato: “Certo mamma, scusami!”.
            Mi avvio verso scuola e arrivo in orario prima che la campanella suoni, passo tutta la lezione a pensare al sogno che ho fatto la notte scorsa e mi viene in mente un bel disegno inspirato alla mia immaginazione, al sogno e a qualche quadro che avevo intravisto nel trambusto di quella mattina… forse un giorno grazie a tutto questo diventerò famoso, questo è il mio desiderio!
           
                                                              *****
 E una pioggia di persone cadde sui tetti di Bruxelles…


                                             
                                                                   di Andrea
Buongiorno,
     sono Liuk e voglio raccontarvi una storia, anzi no, un fatto o era un sogno? Ancora oggi non lo so.
     Era una mattina d’inverno, mi sono alzato come sempre per raggiungere la galleria d’arte dove lavoro, ho fatto le mie solite cose, ho ripetuto i miei soliti movimenti, forse ho anche pensato le mie solite cose.
     Sono uscito da casa facendo la solita strada, incontrando forse le solite stesse persone, tutte uguali, tutte di corsa, tutte lontane.
     Era un periodo particolare, nel Museo in cui lavoro, erano ospitate alcune opere di Magritte.
     Mi sono fermato davanti a Golconda e lì tutto ha avuto inizio.
     Improvvisamente ero uno di quegli uomini tutti uguali sospesi tra terra e cielo e la sensazione di cadere era forte, mentre in realtà ero immobile in aria, anche se la visuale cambiava continuamente, era come se cadessi nel vuoto, continuavo a vedere le stesse cose i tetti delle case poi le facciate, di nuovo i tetti e le facciate delle case e cosi sembrava che il tempo non passasse mai, fino a quando ho incrociato lo sguardo di chi mi stava accanto, ho girato la testa e ho visto la mia immagine replicata innumerevoli volte. Cambiava solo la posizione della testa, alcune di lato altre di fronte, sembrava di rivedere me stesso nei momenti quotidiani.
     Dopo un po’ ho perso i sensi e mi sono risvegliato davanti al quadro Golconda nello stesso momento in cui ho iniziato a guardarlo entrando nel Museo.
     Questo sì che si dice entrare nell’opera!

                                                              *****
                                         
   Una magnifica avventura per chi sa ancora sognare.
                                                                     
                                               
                                                                   di Hiber

      Tutto il giorno ho pensato al quadro di Magritte: “cosa potevo scrivere?” Non mi veniva in mente nulla!
      Di notte ho avuto un incubo: ho visto questi uomini in bianco e nero, con la bombetta e la valigia, che piovevano dal cielo. Erano moltissimi.
     Mi inseguivano perché volevano farmi scrivere quel tema, ma io scappavo e scappavo e alla fine… mi hanno preso! E mi hanno dato una matita e un foglio dove poter scrivere il tema.
E io cosa ho fatto?
Ho disegnato questo.

E  gli  altri  uomini?
Sono  scomparsi  appena  mi  hanno  dato  carta  e   matita   ed  è  rimasto  solo  il   proprietario  della  casa.
                                                                                  *****
Inseguito  da  uomini in  bombetta  per  scrivere tema;  via d’uscita:  disegnare.
                                               
                                                             di Lucrezia

Ciao a tutti, sono René Magritte, vi voglio parlare di quando mi è venuta la prima ispirazione per un quadro: “La Golconda”.
    Avevo 16’ anni, mi trovavo, con la classe, in un museo  naturale con animali veri! Eravamo nel settore degli aracnidi, e, mentre la guida ci stava parlando dell’ habitat naturale degli scorpioni, la mia compagna Giorgia la interruppe dicendo che mancava un ragno.
     All’ inizio erano andati tutti un po’ nel panico, ma la guida li tranquillizzò dicendo che non era un ragno pericoloso, così continuammo la visita guidata. Io non mi ero accorto che, in quel momento, ce l’avevo sopra la testa! Si avvicinava sempre di più al mio collo, quando ad un tratto mi morse! All’ inizio sentii solo una puntura leggera, ma dopo qualche minuto, sentii un forte dolore dappertutto, come se tutto il mio corpo si dividesse in altri corpi identici al mio!  
    Dopo due minuti la stanza era piena di mie repliche. In quel momento arrivarono tre o quattro scienziati che prima catturarono il ragno, ne presero una zampa, la analizzarono e poi uno di loro mi fece una puntura.              
    Dopo qualche altro minuto, tutte le repliche si riunirono al mio corpo e tutto tornò come prima.
    Da questa esperienza mi è venuta l’ ispirazione per il quadro.

                                                                     *****

Quando un ragno ti morde, prega di non moltiplicarti!!! 
                                                

                                      di Silvia
       A Londra, in una bella giornata di sole del 1953, piovono, sopra case color beige con tetto rosso, degli uomini di statura grande sopra a uomini di statura media sopra a uomini di statura piccola. Questi uomini hanno tutti un berretto nero sopra la testa e sembrano tutti uguali a parte la statura, ma c’è un’altra cosa che non hanno in comune: la testa. C’è chi ha la testa girata a destra, chi invece ce l’ha girata a sinistra o di fronte o persino in diagonale. Insomma, tutti gli uomini che cadono dal cielo sono diversi.
        Tutti si chiedono come mai proprio questo giorno devono cadere dei piccoli uomini dal cielo: si fecero tante opinioni, per esempio quella che sono scesi per inaugurare la primavera. Il vero motivo, invece, è che sono scesi per sistemare tutta la città; secondo loro era tutta sporca. Dopo due ore Londra è diventata una città bellissima: non c’era neanche una cartaccia per terra e le case ora sono tutte colorate.

                                                     *****

In una giornata di sole cadono uomini dal cielo.

                                              
                                                                di Giovanni

C'era un bambino che veniva preso sempre in giro perché faceva strani disegni, però era molto bravo nello studio e nel fare i compiti.
    Si chiamava René Magritte.
    Lui aveva quasi sempre degli incubi e cercava di disegnarli, ma in un modo strano. Era quasi sempre in ansia e piano piano i suoi disegni diventarono famosi quasi in tutto il Paese.
    Fino a quando gli tornarono gli incubi: vedeva tantissime persone che lo fissavano minacciose e spuntavano da ogni casa, sui tetti, nelle strade, da tutte le parti.
    René era in panico, la paura dentro di lui saliva, mentre passavano gli anni, fino a diventare adulto, quando iniziò a dipingere questo quadro dove ci sono tantissime persone come nel suo incubo, ma disegna lui stesso da tutte le parti nelle strade, sui tetti, nelle case.
    Il quadro lo chiamò “ Golconda “ e divenne uno dei suoi quadri più famosi.
    Il suo quadro aveva diversi volti: uno guardava a destra e l'altro guardava a sinistra.
    Da quel momento l'incubo sparì in un battibaleno e lui diventò felice per quello che aveva fatto e fece altri quadri con lui stesso o altre cose che volano.


*****

Bambino preso in giro diventa artista famoso con ispirazione.

                                                         
                                                                         di Sara

Sto scappando da René che mi vuole far fare un testo sul quadro.
Cerco tutti i modi di scappare, ma riesce sempre  a prendermi, e quindi tra me e me penso: sono sotto il mio letto, sono sotto il mio letto. All'improvviso mi addormento in un sonno profondo: appena mi sveglio dico tra me e me meno che a un incubo.

Apro gli occhi e vedo che René che sbatte il piede su e giù, mi vede che sono sveglia mi afferra un braccio e mi mette su un tavolo, mi prende la mano e mi da una penna. Con la mano inizio a fare rumore perché non mi venne nessuna idea e all'improvviso iniziò ad urlarmi e io per lo spavento buttai la penna a terra e gli dissi: senti se non mi viene nessuna idea mica mi devi stressare, ognuno ha i suoi tempi!

Quindi me ne andai arrabbiata e scombussolata. Ritornai da René e gli chiesi scusa. Iniziano a venirmi un sacco di idee e non volevo più smettere di scrivere, ma alla fine mi venne una grande idea per la fine che René e io facemmo un bel racconto insieme. Il racconto lo consegnai alla prof di italiano che mi mise un bel dieci. Tutti eravamo soddisfatti: io avevo preso dieci e Renè e la prof di italiano ebbero il racconto e vissero tutti felici e contenti.


                                        *****

Per completare un lavoro serve il suo tempo.


                                                         
                                                                             di Giada

 
Un giorno mi svegliai per andare a far colazione,  guardai l'ora e stavo per  arrivare in ritardo a scuola e mi  stavo per soffocare con il pane. Mia madre si è spaventata e stava per chiamare l'ambulanza: ho bevuto un po' di latte e il pane mi è sceso. Mia madre ha messo giù la cornetta del  telefono  e mi ha fatto uscire  da casa correndo: arrivai a scuola che  era già suonata la campanella;  era quasi tutta la settimana che arrivo in ritardo e mia madre non ce la faceva più a vedere che stavo sempre in giro. Tutti gli amici di mia madre le dicono tutto quello che faccio qua e là:  una volta  ero arrivata in ritardo e avevo aiutato una vecchietta ad attraversare la strada, ma quando la guardo,  noto che  mi assomigliava  e   tutta la gente mi assomigliava, tutti.

 Mi è venuta una grande idea di fare un  quadro ispirandomi a quello che vedevo.  Quando torno a casa feci il quadro e pensavo,  speravo di diventar famoso per quel quadro e disegnavo tutto il giorno.  Disegnavo al posto di andare a scuola… e la mamma, poiché  la preside la chiamava sempre per dirle che suo figlio non era venuto a scuola,  lo portava a scuola come un bambino piccolo e diceva <René se tu non vai a scuola, ti sculaccio>. E io mi sentivo male e… che dolore al mio sederino!  e le rispondevo < Mamma. È noioso andare a scuola e poi i compiti… > e la madre si stava arrabbiando di più e lo lasciò lì davanti la scuola. La preside lo vide e disse     <Perché tu non entri ??> e René le disse con la faccia tutta rossa   < Sì, lo so,  lei chiama mia madre per dire che io non sono andata a scuola… ma se fosse suo figlio che non andasse a  scuola,  non lo picchierebbe !!!>  e la preside le disse < Hai ragione, vai dove vuoi e dico a tua madre che te l’ho detto io> .

 Corsi via dalla scuola  felice ma un po’ preoccupato ma pensai < Meglio andare a scuola che stare  in  giro e intorno a scuola in punto quando suono la campanella della  scuola che si aprivano le porte e lui entro a scuola felice perché vide i suoi compagni di classe e la prof  la saluto e disse: < Hai portato le giustifiche>  e lui disse < Le porto domani se vengo, ok? > e la prof non le disse più niente e se ne andò alla sua classe che  sarebbe la  1C e nella 1D e scappato via nella sua classe ma quando la vede che parla del suo quadro era felicissimo e se ne andò via gattonando: era famoso nel suo mondo.
                                                          *****
                                     ERA FELICE CHE  ERA DIVENTATO FAMOSO


                                                 
                                                         di Francesca


C’era una volta un uomo che amava molto se stesso: aveva gli occhi azzurri, i capelli castani, era alto e portava molto spesso il cappello. Egli viveva in un palazzo color tortora e con un tetto rosso come il sole al tramonto.
            Un giorno disse: “Io voglio fare il pittore surrealista”; da quel giorno passarono molti mesi e i cittadini  erano disperati perché non sapevano dove fosse finito.
René si era chiuso nel suo piccolo appartamento, quando finalmente uscì tutti rimasero sorpresi dallo splendido quadro che aveva fatto, che lo rappresentava mentre scendeva dal cielo come se fosse pioggia. 

                                                 *****

Ed io caddi dal cielo come fossi pioggia